Perché vengono le ossessioni?

Le ossessioni sono pensieri, immagini o impulsi ricorrenti e persistenti avvertiti dalla persona come intrusivi e fonte di acuto stress ed ansia. Queste, insieme alle compulsioni, rituali d’azione e/o di pensiero, caratterizzano principalmente il disturbo ossessivo compulsivo. Quando ci sentiamo tenuti in ostaggio da un pensiero costante o un chiodo fisso, di fatto rimaniamo totalmente ancorati a una porzione di quello che ci succede attorno e ciò ci rende ciechi rispetto a quello che sta avvenendo nel contesto che ci circonda. Spesso infatti una preoccupazione ossessiva fa da scudo ad una problematica più rilevante, motivo di sofferenza per la persona che si trova ad affrontare un periodo stressante di vita. Orientando l’attenzione su un dettaglio, un pensiero, un’immagine che provoca un impatto emotivo negativo sull’individuo, smettiamo di fatto di preoccuparci della vera fonte di preoccupazione

Come mai riusciamo a finire in trappole mentali di questo tipo? Qual è la causa?

La natura, l’origine e la funzione dei pensieri ossessivi sono tre elementi essenziali per comprendere la struttura del disturbo. Tali caratteristiche non sono sempre tra loro direttamente collegate e di comprensione quasi mai immediata. Riconoscere gli elementi alla radice del disturbo ossessivo-compulsivo è una vera sfida per psicologi e ricercatori dalle origini lontane.

Le prime ipotesi

I primi studi in questo campo risalgono a Freud che per primo era riuscito ad individuare elementi intrinseci del disturbo ossessivo-compulsivo e caratteristiche che, con ricerche successive, si sono dimostrate alla base della patologia come le caratteristiche cognitive del soggetto nevrotico ossessivo. Altre ricerche che sono riuscite a fornire una spiegazione di alcuni comportamenti che mantengono il circuito ossessivo sono quelli di tradizione comportamentista. Maier e successivamente Skinner avevano ipotizzato che i rituali compulsivi fossero comportamenti superstiziosi appresi in modo casuale. Lo dimostrarono con l’aiuto di un gruppo di piccioni affamati, una gabbietta ed un erogatore automatico di cibo. All’interno della gabbia in cui inserirono i volatili, gli studiosi notarono che piuttosto che aspettare passivamente il cibo, la maggior parte di loro mise in atto una serie di comportamenti ritualistici. C’era chi iniziò a beccare ripetutamente le assi della gabbia, chi iniziò a grattarsi e girare su sé stesso, come se esistesse una relazione causale tra le loro azioni e la soddisfazione del loro bisogno di cibo. Cosa era accaduto? Per caso, prima che l’erogatore espellesse il cibo, un piccione stava beccando per terra, un altro girava su se stesso ecc.. Ogni animale aveva appreso che i loro movimenti provocavano la fuoriuscita del mangime. Per di più il fatto che l’erogatore si attivasse ogni 15 secondi veniva percepito come conferma a sostegno della loro convinzione. Tale esperimento spiega il meccanismo per cui un’ossessione porta alla messa in atto di un comportamento mantenuto in quanto associato casualmente ad una condizione di benessere e rassicurazione come una minor ansia.

Una cosa sulla quale diversi ricercatori hanno dato attenzione è il fatto che con ricerche successive (Rachman e De Silva, 1978) i pensieri intrusivi negativi sono comuni a quasi tutte le persone e che possono essere altrettanto irrazionali, eccessivi e sproporzionati come quelli presenti nel DOC. Non esistono differenze di contenuto, quindi qualitative, solo quantitative. Da queste ricerche in poi l’interesse si è concentrato sull’individuare il motivo per cui in certi individui alcune preoccupazioni non rimanessero episodi transitori ma portassero allo sviluppo del disturbo ossessivo-compulsivo. La diversa reazione sarebbe principalmente causata dalla presenza di alcuni fattori di rischio bio-psico-sociali.

Fattori di rischio per l’insorgere delle ossessioni:

 

1.     Causa neuro-biologica: un cervello in pericolo

 

Esami di laboratorio che hanno utilizzato tecniche di neuro-imaging, Pet e risonanza magnetica hanno individuato caratteristiche specifiche nel cervello ossessivo:

-alterazioni funzionali di specifiche aree cerebrali: usando la PET (Tomografia ad emissione di positroni), alcuni ricercatori hanno riscontrato che nel cervello di una persona affetta da Doc vi sono livelli metabolici più alti a livello dei gangli della base (gruppi di cellule nervose che si trovano al centro della parte più interna del cervello), in generale presente un’alterazione nella zona frontale;

-iperfrontalità: i lobi orbito-frontali, che sembrano deputati alla valutazione delle conseguenze dei comportamenti che mettiamo in atto e della regolazione di risposta emotiva, sono iperattivati, causando la base biologica di un costante ed eccessivo allarme anche di fronte a piccoli e insignificanti segnali. Dal punto di vista nervoso è stato scoperto che alcune aree cerebrali deputate a controllare i “circuiti del pericolo” siano iperattive e mantenendo la persona in un costante stato di allerta. Da più ricerche inoltre è emerso che un percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale, al pari del trattamento farmacologico, può contribuire alla “riparazione” di queste alterazioni nervose.

deficit mnestici. Negli ulti anni è stato riscontrato che nei pazienti ossessivi non è presente un vero e proprio disturbo di memoria quanto piuttosto una scarsa fiducia dei propri ricordi, accentuata dai controlli ripetuti messi in atto (van den Hout e Kindt, 2002). Infatti più un’azione viene ripetuta minore sarà la salienza del ricordo, diventando un gesto sempre più familiare che lo rende una traccia mnestica meno nitida;

-anomalie dei neurotrasmettitori: spesso in persone ossessive sono stati riscontrati insufficienti livelli di serotonina.

influenze genetiche: non sono stati identificati geni specifici legati al doc, tuttavia recenti studi suggeriscono che in alcuni casi quando un genitore è affetto da doc, aumenta la probabilità che il figlio sviluppi lo stesso disturbo anche se tale rischio rimane basso.

2.     Cause cognitive: il pensiero alla base del pensiero

Oltre quindi ad una diversa reazione della persona che si mostra più in allerta di fronte ai pericoli data dall’iperfrontalità, sono state individuate delle peculiarità che contraddistinguono i meccanismi cognitivi di chi soffre di disturbo ossessivo:

eccessivo senso di responsabilità: l’attenzione posta alle conseguenze dannose di una svista o di un momento di superficialità e disattenzione, sono ricorrenti fonti ossessive di stress nel DOC. Tale caratteristica sembra essere presente (è tutta colpa mia) in particolar modo di chi teme le conseguenze dannose delle proprie trascuratezze sugli altri;

eccessiva importanza attribuita ai pensieri: avere pensieri negativi è un fatto talmente deplorevole e immorale per queste persone in quanto viene tradotto come desiderare o augurarsi che quei “fattacci” si avverino;

-sovrastima della possibilità di controllare i pensieri;

-sovrastima della pericolosità dell’ansia;

Alla base inoltre vi sarebbe un fondo di credenze e distorsioni sul significato attribuito ai contenuti mentali che trasformerebbero normali pensieri in ossessioni. Per un docker pensare a qualcosa di disgustoso, immorale o aggressivo, lo fa sentire esattamente così. Le ricerche condotte ( Mancini, Gragnani 2002) dimostrano come un ruolo in tutto questo ce l’abbiano l’eccessivo senso di responsabilità e di colpa, come fattori predisponenti lo sviluppo di una patologia ossessivo-compulsiva.

3.     Cause psicosociali: lo stress del cambiamento e non solo

Un fattore indiretto nell’esordio e mantenimento del disturbo è il livello di stress percepito. Spesso a minare la stabilità della persona sono eventi di vita stressanti che pongono la persona in una condizione di incertezza e di mancanza di controllo percepito. Lo stress può essere sia negativo che positivo, di origine fisica o psicologica. Una malattia o un trauma fisico che causa una compromissione in ambito lavorativo può esporre la persona all’esordio di sintomi ossessivi, così come lutti o condizioni croniche di malattia di un proprio parente o la rottura di una relazione. Paradossalmente anche cambiamenti positivi di vita possono essere un fattore di rischio all’esordio. Esempi sono: un passaggio importante nella relazione come un matrimonio, convivenza o la nascita di un figlio; una promozione lavorativa o un trasferimento. In persone che presentano alcune caratteristiche di vulnerabilità tali fasi di vita, che narrano un nuovo capitolo per la propria storia, possono esporla un forte senso di insicurezza e di incertezza che rende più favorente l’esordio ossessivo.

BIBLIOGRAFIA

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